Non so come fu, ma quell’anno ancora adolescenti e zaino in spalla i nostri genitori ci permisero di partire per tre settimane di Grecia. Io e le mie migliori amiche.
Aereo, rigorosamente posti fumatori, zaino, Superga e stereo sulla spalla, che a ripensarci dalla “tamarria” mi si accappona la pelle, ma poi, hai presente la scomodità di girare con i mezzi, lo zaino e lo stereo? Solo da adolescenti…
Prima tappa Atene. Scese dall’aereo a 140 gradi, nel luglio greco in perfetto stile studentesse milanesi con jeans e scarpe Superga cuoci-piede (io probabilmente avevo pure una polo bollente a maniche lunghe), fiere e libere, ci dirigemmo all’ostello di Atene. Che Guantanamo a confronto era l’Holiday Inn: doccia su una piattaforma di latta con bocchettone marcio, letti a castello tipo caserma e odore di vomito a causa di un’eccessiva assunzione di Metaxa e Ouzo data dall’euforia della prima serata ateniese. Il Partenone ovviamente visitato alle 14.00 con i soliti 140 gradi sciogli cervello. Noi sempre felici e invincibili.
Dopo la cottura dei giorni ateniesi, dopo aver rischiato lo stupro – che paura vera quella sera – e dopo la Plaka, il Museo archeologico e Syntagma square con vecchi indignati che additavano il tatuaggio uguale alla bandiera turca sul polso di Sara, lasciammo la capitale a bordo di un pullman e trasognate e intrise di cultura classica ci dirigemmo a Delfi.
Ora, io qui vorrei dire a voi lettori che nei vostri progetti di viaggio occorre che inseriate come prima tappa assoluta Delfi e il suo santuario. Anche se state partendo per l’Argentina. Fate tappa a Delfi. E’ il posto più mistico, unico, straordinario e secondo me vicino allo spirito dell’Antica Grecia che abbia visto.
Ho un ricordo magico, forse anche perché ci arrivammo dopo un lungo viaggio e quei giorni di caos ateniese stordente.
Dormimmo non so dove, sembrava un incrocio tra l’infermeria della scuola e un ricovero per viaggiatori. Di una semplicità disarmante. Ma fresco e pulito. Penso che dormimmo per 15 ore, in lettini uguali a quelli dei sette nani. Poi il santuario. Aria rarefatta di montagna, pochissimi turisti, natura e cicale. Un’atmosfera sospesa ed eterna. E nel museo il capolavoro della classicità, dell’armonia e della maestria e raffinatezza assoluta degli artisti greci: l’auriga di Delfi. Anche adesso a scriverne rivivo l’incanto di ragazza davanti a quel capolavoro indimenticabile.
Dopo due giorni di pace e misticismo ci rituffammo nel caos di Atene alla volta del Pireo per approdare finalmente a Ios, isola dello spasso e del divertimento dei giovani di tutta Europa.
Peccato che c’era lo sciopero dei traghetti.
Noi, prima volta in Grecia, abbiamo avuto il tempismo straordinario di scegliere di imbarcarci il giorno dello sciopero.
E così con le nostre scarpe puzzone, lo zaino in spalla e lo stereo pure, cercammo un campeggio di fortuna dove aspettare che le proteste ateniesi cessassero e potessimo finalmente iniziare la vera vacanza allo stato brado, dimenticando tutta la parte di lettere classiche e capitelli corinzi per abbandonarci al sole, al mare, ai ragazzi e ai balli sfrenati.
Ma intanto. Intanto l’orrore. Un campeggio fuori Atene, a Varkiza per la precisione, con più roccia che terra, dove per piantare un picchetto da tenda dovevi votarti alla Madonna. Risultato di quei primi giorni: pane e formaggio a pranzo e cena, dormire tra le briciole, corte serrata di sue sfigati brufolosi (e noi eravamo tre, chissà che fantasie) e zaini pisciati dai cani randagi. A quel punto lo sciopero era finito, ma il nostro entusiasmo, nonostante tutto, no.
Ci imbarcammo per Ios.
Sara fu importunata da un pope – una faccia, una razza, un cazzo – io guardavo il tramonto pensando a fidanzati e amori lasciati a Milano (no, uno non bastava) e Meri insieme a me scrutava l’orizzonte come se il suo amore fosse partito per il fronte.La mattina dormivamo sul pontile e Ios era passata. Avevamo perso la fermata.A quel punto, Meri con tutta la sua scorpionità litigò in italiano con un marinaio alto sei metri e grosso come Franchino, il fidanzato della signorina Silvani di Fantozzi, stesso irsutismo tra l’altro, imponendogli di fermare tutto e farci scendere.
E niente. Il marinaio rispose in greco, meglio non sapere cosa, alla mia amica mentre il portellone si chiudeva e Ios si allontanava. Spacciate. Frastornate e incredule rimanemmo imprigionate sul traghetto fino a Santorini, tappa stabilita per la fine della vacanza, che fummo costrette ad anticipare.
E per fortuna.
L’incanto di Santorini ci accolse senza pietà, non lasciandoci nemmeno una briciola di incazzatura dovuta al cambio di programma.Tre giorni, perlopiù passati a curarci le ustioni da sole e a girare in motorino rischiando la vita, cantando a squarciagola e ingoiando moscerini, travolte dalla bellezza di un paesaggio da togliere il fiato.
E al quarto giorno Ios. Finalmente.
E prima di Ios l’amore. Quello di Sara per uno splendido vichingo incontrato in traghetto che ricambiò l’amore, scese a Ios e le fece passare giorni di passione, mentre Meri e io fuori dalla tenda del mitico campeggio Far Out a notte fonda aspettavamo che insomma, sì, ecco ci siamo capiti.
Furono dieci giorni di sballo. Colazione con vodka e succo di arancia, pranzo con Marlboro rosse e cena con pytagiros ripieno di “cane” e cipolla. E poi baci a raffica con tutti, danze allo Sweet Irish Dream, chiacchiere infinite, risate e innamoramenti di una sera. Dieci giorni di libertà assoluta, di piedi scalzi e gonne svolazzanti. Dieci giorni di amicizia e condivisione pure. Una vacanza penso ancora oggi essere stata la più bella e vera della mia gioventù e che ha messo il sigillo sull’amicizia meravigliosa tra me, Sara e Meri.
Abbigliamento: Superga, gonnellina e canotta e ovviamente cordino (piccola borsa di tela contieni-tutto da portare a tracolla e dimenticare su pullman e in locali, come ci accadde di ritorno da Delfi)
Canzone: Sweat di U.S.U.R.A. pieni anni 90,
di Claudio Bisio
Libro: questa volta tocca sostituirlo con un film e non può che essere Mediterraneo, che ancora oggi cito a memoria e mi fa ripensare a quegli anni
Cibo: moussaka per Meri, insalata greca per Sara e souvlaki e tzatziki per me